Fidal

ATLETICA, JACOBS È SEMPRE MAGIA, “TOKYO NON ERA UN CASO, ORGOGLIOSO DI ESSERMI CONFERMATO”

“È una notte magica”. Non sta nella pelle Marcell Jacobs dopo la medaglia d’oro ai Mondiali indoor di Belgrado nei 60 metri con il record europeo di 6.41. “Sono venuto qui nelle migliori condizioni, bisogna sempre dimostrare di essere i più forti quando conta e sono orgoglioso di aver conquistato anche questo titolo. Ringrazio tutti gli italiani per il supporto, era veramente importante confermarsi e far capire che Tokyo non è stata un caso, ma il frutto dell’impegno di tanti anni e della dedizione. Ho fatto un gran lavoro anche a livello mentale per riuscire a concentrarmi soltanto su me stesso. Oggi mi sono buttato sul traguardo come non mai. E pensare che i 60 metri non sono nemmeno la mia prova preferita: li ho fatti per migliorare la prima parte di gara, pensando ai 100 metri dell’estate”.

Jacobs è un fiume in piena ai microfoni: “Sono contentissimo, devo ringraziare tutto il team che mi supporta. Oggi è la festa del papà e come potevo festeggiarla meglio? Faccio gli auguri a tutti i papà d’Italia e del mondo, e un augurio speciale al papà di Paolo Camossi che in questi giorni ha avuto qualche problema di salute”. E ora si pensa già all’estate, ai Mondiali di Eugene in casa degli statunitensi (15-24 luglio) e agli Europei di Monaco di Baviera (15-21 agosto): “Prima della gara ho desiderato tanto questa medaglia d’oro, parlandone con la mia mental coach ci siamo detti che quest’anno si può arrivare a vincere qualsiasi cosa esista in atletica. È un oro indoor come quello che aveva conquistato Paolo nel 2001 nel triplo: per me è più di un allenatore, abbiamo passato momenti non facili, soprattutto quando facevo ancora salto in lungo, ma anche nei primi anni dello sprint. Prendevamo batoste a destra e sinistra. Ora, insieme, siamo campioni del mondo”.

TRE MILLESIMI – Cosa si può fare in tre millesimi? Nulla, assolutamente nulla, soltanto vincere un oro mondiale. E sentite come suona bene adesso: Marcell Jacobs campione olimpico, mondiale ed europeo. È l’uomo più veloce del pianeta e indossa la maglia della Nazionale italiana. Il capolavoro si concretizza in una finale memorabile, in rimonta sugli americani Coleman e Bracy schizzati via dai blocchi come due furie. Jacobs è in quinta corsia, la gestualità è quella tipica che gli ha portato fortuna a Tokyo: le braccia incrociate che colpiscono le spalle e poi indicano la direzione. Avanti, guardare soltanto di fronte, non preoccuparsi degli avversari, pur fenomeni che siano: è il suo mantra. L’azzurro li aveva già intimoriti in semifinale, due ore e mezza prima, sparando il record italiano di 6.45, due centesimi meglio di Torun 2021 (oro europeo indoor) e un centesimo meglio di quanto fatto in batteria da Bracy in mattinata.

Ma la finale è tutta un’altra partita, le tensioni aumentano, la posta in palio è enorme, i veri valori si rivelano in tutta la loro essenza. Jacobs pizzica un tempo di reazione di 0.136, buono ma leggermente meno efficace del campione del mondo uscente Coleman (0.126) e di Bracy (0.129). La coppia di jet a stelle e strisce gli rimane davanti fino ai quaranta metri, come da copione. Ma il lanciato dell’azzurro è un fuoco che infiamma la pista della Stark Arena. Determinante il tuffo sul traguardo, con Jacobs e Coleman praticamente sulla stessa linea: si ricorre al fotofinish, un minuto e venti che sembra un’eternità. Il verdetto dice Marcell .407, Christian .410. Quando sul display si stampa il nome di Jacobs, il velocista nato negli Stati Uniti, a El Paso, e tornato in Italia che era ancora bimbo, esplode nella gioia più pura, solleva le braccia in segno di vittoria, corre ad abbracciare il figlioletto Anthony nel giorno in cui si festeggiano i papà, e si butta a terra, sul benedetto rettilineo dell’impianto serbo che stavolta non l’ha tradito come invece dodici giorni fa nel meeting preparatorio, con quella falsa partenza che è servita, eccome, nella costruzione di quest’oro mondiale. Poi, nelle interviste rilasciate a decine di tv di tutto il mondo, versa le lacrime più sincere e liberatorie. C’è vuoto fra il trio delle medaglie e tutti gli altri: l’estone Karl Erik Nazarov 6.58, il britannico Adam Thomas 6.60, il trinidegno Jerod Elcock 6.63 come il canadese Bolade Ajomale, l’ivoriano Arthur Cissé 6.69.

È il primo campione olimpico in carica a brindare per il titolo mondiale indoor dei 60. La doppietta oro olimpico+oro iridato della distanza più corta era riuscita due volte nella storia, a Maurice Greene nel 1999 e Justin Gatlin nel 2003, entrambi però nell’anno che precedeva i Giochi (mentre Usain Bolt non ha mai gareggiato nelle indoor). Nella bacheca di Jacobs brillano contemporaneamente gli ori olimpici dei 100 e della 4×100, l’oro mondiale indoor dei 60 e l’oro europeo indoor nella stessa specialità, oltre ai record europei dei 60 e dei 100. Una leggenda senza fine, uno dei più grandi sportivi italiani di sempre. E se l’anno passato si è spinto fino a 9.80 all’aperto, partendo da 6.47 nei 60, tenetevi pronti per la prossima estate perché ci sarà da divertirsi…

SETTIMO ORO MONDIALE INDOOR PER L’ITALIA – Per l’Italia è il settimo oro mondiale in sala, il sesto +1 per essere precisi: nel 1985 a Parigi si trattava di Giochi Mondiali quando vinse il titolo Giuliana Salce nei 3000 di marcia. Doppietta per Gennaro Di Napoli nei 3000 metri (Toronto 1993 e Barcellona 1995), oro nel salto in lungo per Fiona May a Parigi nel 1997, trionfo quattro anni dopo per il coach di Jacobs, Paolo Camossi, a Lisbona nel triplo battendo sua maestà Jonathan Edwards (2001), quindi il successo di Gianmarco Tamberi a Portland nel 2016 nell’alto. E stasera la meraviglia di “Crazylongjumper”, che riporta l’Italia sul podio dello sprint dopo 33 anni: c’era riuscito per due volte Pierfrancesco Pavoni, entrambe di bronzo, a Indianapolis 1987 e Budapest 1989.